Alda (1015, Mariano), Andreverga (1028, Sforzatica), Cristina (1031, Dalmine) e Gisleberga (1070, Oleno).
Quattro esempi di donne dalminesi di quell’inizio del 2° millennio. Per vendere o acquistare proprietà le donne dovevano sottostare al potere (chiamato “mundio“) del loro mundoaldo, cioè padre, marito, fratello/i, figlio anche se minorenne.
Alda, nativa del castello di Trezzo, di legge longobarda, sottostò alla legge alemanna perché il marito, Atto, figlio del defunto Bertoldo de loco Mareliano, ex natione vivere lege Alamanorum. I fratelli di lei, Alberto e Pietro, solo dopo averla interrogata, controfirmarono l’atto di vendita delle proprietà della sorella.
Andreverga era figlia del defunto Andrea, sposata con Adelberto figlio del defunto Pietro, de loco Sporciatica, “lege vivere Langobardorum“. Oltre al consenso del marito, suo mundoaldo, anche i “propinqui parentes eiusdem Andreverge“, i parenti suoi più prossimi, Andrea e Ribaldo, prima “eam interrogaverunt et ad confirmandum manum posuerunt“. Cioè dopo averla interrogata e avuta conferma della sua libera scelta, firmarono l’atto di vendita.In presenza di testimoni fece “professione et manifestacione quod nullam me pati violenciam ab mundoaldo meo” nè da altri. Ma faceva ciò “mea spontanea voluntatem“.
Cristina, figlia del defunto Orso, era sposata con Guglielmo figlio del defunto Lamberto de loco Almine, ambedue “professi lege vivere Langobardorum“. Col consenso del marito (“ipse iugale et mundoaldo meo michi consenciente“), fu necessario acquisire il parere del fratello, Vuarno e Orso, figlio di Vuarno e quindi nipote suo.
Gisleberga, vedova di Pietro, era madre di Benedetto e Andrea, presbitero cioè prete, “de loco Ollene, … qui professi sumus ex natione nostra lege vivere Langobardorum“. Per vendere al figlio Andrea delle proprietà fu necessario anche il consenso del suo mundoaldo, cioè l’altro figlio, Benedetto. Anche Alberga, moglie di quest’ultimo, suo mundoaldo, dovette firmare un consenso che non avrebbe rivendicato in futuro quelle proprietà.
Un diritto, quello di comprare o vendere senza autorizzazione maschile che fu accolto nella legislazione italiana solo nel 1919.