Riportiamo alcuni passi del discorso tenuto il 30 aprile 2016, per conto dell’Associazione Storica Dalminese, in occasione della posa della targa al monumento a Gabriele Camozzi a cura del Lions Dalmine.
Gabriele Camozzi De’ Gherardi nacque a Bergamo il 24 aprile del 1823, figlio di Andrea ed Elisabetta Vertova, terzo dei quattro figli maschi della coppia che ebbe ben 11 figli. Gabriele si laureò in legge presso l’università di Padova, esercitò poi il praticantato di notaio presso lo studio milanese dell’amico Tommaso Grossi. Ben presto abbracciò gli ideali mazziniani e nel 1848 coordinò le azioni insurrezionali in Bergamo e la partecipazione dei patrioti bergamaschi alle Cinque giornate di Milano. Durante la prima guerra di indipendenza nel marzo del 1849 su incarico di Lamarmora guidò una rivolta nel bergamasco. Con la proscrizione nei suoi confronti da parte dell’Austria e la condanna al pagamento di una tassa di guerra di L. 170.000, per lui e il fratello G. Battista iniziarono lunghi anni di sofferenze. Dopo varie peregrinazioni si ritrovarono ad Albaro, vicino Genova, nella villa lo Zerbino dove ospitarono personaggi del patriottismo mazziniano: Carlo Pisacane, Oreste e Pilade Bronzetti, Luigi Mercantini, e molti altri.
Ad Albaro, nel 1850, viveva anche donna Alba Coralli Belcredi (1818- 1886), convinta mazziniana, esule da Casteggio Alba partecipava attivamente alla vita del salotto di casa Camozzi, il più rivoluzionario di Genova, ed è lì che conobbe Gabriele: complice fu l’alloggio condiviso e il comune interesse patriottico. I due, anche se diversi per carattere, ebbero nell’affinità di ideali politici quel legame che subito li unì; entrambi inoltre scoprirono di credere fortemente nei valori dell’amicizia e della famiglia.
Essi rappresentarono, per il periodo in cui vissero, una coppia trasgressiva e ciò si evince anche dai piccoli dettagli di vita quotidiana; nel loro intenso scambio epistolare ad esempio, ancora prima di essere sposati si davano del tu, cosa impensabile a metà Ottocento.
Il loro amore ebbe negli anni un’evoluzione burrascosa, causata forse da contrasti politici che incisero nella vita quotidiana della famiglia di Gabriele ed Alba, una famiglia che oggi diremmo “allargata”. Nel 1859, anno di grandi speranze patriottiche, a Genova vennero celebrate le loro nozze, in forma privatissima. Durante la seconda guerra di indipendenza del 1859 Gabriele Camozzi volle essere un semplice luogotenente dei suoi Cacciatori delle Alpi e con loro fungere da appoggio agli eserciti regolari ed effettuare azioni di disturbo nelle zone di pianura e di accerchiamento del nemico nella fascia pedemontana, mobilitando le popolazioni locali. Nella notte del 7 giugno 1859, la guarnigione degli Austriaci lasciava Bergamo dirigendosi verso Crema. Il mattino seguente alle ore 3 Garibaldi ordinò di marciare verso Bergamo e così l’8 giugno 1859, Gabriele C. con Garibaldi e il suo stato maggiore, entrava trionfalmente in Bergamo.
Nella villa di Dalmine
Dopo tanti (11) anni di battaglie, di esilio e di peregrinazione, nel 1860 Gabriele Camozzi stabilì la sua dimora familiare a Dalmine, quando fu eletto deputato nel collegio di Trescore per il Regno di Sardegna; nel 1861 per il Regno d’Italia. Egli divideva così la sua vita tra Dalmine, Torino prima e Firenze poi (1865). La famiglia di Gabriele fu allietata dalla nascita di due figli: Elisa, (Maria, Anna,) nel 1860 e Attilio nel 1861.
Dalmine condivise uno dei più grandi dolori di G. Camozzi: la morte nel 1865 del piccolo Attilio, evento del quale Gabriele si sentiva responsabile non avendo, a suo dire, potuto offrire al suo bambino tutte le cure possibili a causa della difficile situazione economica della famiglia.
La villa in Dalmine, con la presenza di Gabriele Camozzi fu luogo di incontro e punto di riferimento per quanti avevano vissuto i momenti esaltanti e dolorosi delle lotte per l’Indipendenza: qui infatti riceveva reduci, ma anche colleghi deputati e gli amici di sempre tra cui Luigi Mercantini che proprio in quell’ estate del 1865 fu ospite in villa per un mese.
Nella fredda primavera del 1869 Gabrio era a Dalmine malato e assistito dall’ amico pittore Luigi Trécourt, mentre sua moglie Alba, in visita a Staghiglione con la figlioletta Elisa, fu in quegli stessi giorni colpita da una grave polmonite. Le condizioni di salute di Gabrio, andarono peggiorando di giorno in giorno. Come scrisse nel suo diario il fratello G. Battista, il 16 aprile 1869, durante la sua quotidiana visita serale, Gabriele aveva avuto un mancamento, ma poi si era ripreso. Nelle prime ore del mattino seguente però l’amico Luigi Trécourt portò a G. Battista la notizia che Gabrio quella notte era morto.
Alba, nel ricordo del marito, raccolse e ordinò i suoi tanti cimeli che, conservati nella villa e custoditi anche dalla figlia Elisa, portarono all’ apertura del piccolo Museo Risorgimentale Dalminese. In quell’occasione, 8 settembre 1912, venne inaugurato anche il busto a Gabriele Camozzi opera dello scultore albinese Giuseppe Siccardi (1883-1956).
Scritto da: Mariella Tosoni